Errata scelta del trattamento farmacologico e conseguente responsabilità della struttura sanitaria

di Beatrice Rubis -

Una donna si recava presso il nosocomio convenuto manifestando un episodio di disorientamento spazio/temporale, con emicrania ed impaccio motorio, a seguito del quale i sanitari di turno disponevano un esame elettrocardiografico, visita cardiologica ed esami ematochimici, con conseguente ricovero. La paziente, sottoposta ad esami clinici, tra cui l’elettrocardiogramma dal quale risultava una fibrillazione atriale non riconosciuta dai sanitari, veniva dimessa in data 4 maggio 2007 con diagnosi di ischemia cerebrale transitoria, con prescrizione della terapia farmacologica anti-aggregante piastrinica. Rientrata alla propria abitazione, la donna presentava un apparente benessere sino alla mattina del 6 maggio, quando manifestava un ictus cerebrale, verificatosi a causa dell’errata terapia farmacologica prescritta in luogo dell’idonea terapia anticoagulante.

Per tale ragione, la donna decideva di agire in giudizio nei confronti dell’Azienda O.P.C., al fine di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all’errata scelta del trattamento farmacologico prescritto.

Sotto il profilo della responsabilità dell’ente sanitario, il Giudice ha inquadrato la stessa nell’ambito della responsabilità contrattuale, dovendo la struttura sanitaria rispondere sia ex art. 1218 c.c. per l’inadempimento delle prestazioni direttamente a suo carico, sia ex art. 1228 c.c. per l’inadempimento della prestazione medica eseguita dal personale medico dipendente.

Ne consegue che, in applicazione degli usuali principi in tema di onere della prova, il paziente danneggiato deve dimostrare l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia, nonché il relativo nesso di causalità con l’azione od omissione degli operatori sanitari; grava invece sul debitore convenuto – sia esso medico e/o struttura sanitaria – l’onere di dimostrare che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.

Così richiamati i principi che regolano la materia, il Tribunale adito, aderendo alle valutazioni del consulente tecnico, ha accolto parzialmente la domanda attorea condannando la convenuta al risarcimento del danno biologico. La consulenza tecnica, disposta dall’autorità giudiziaria, ha messo in luce come dalla mancata diagnosi di fibrillazione atriale sia conseguita la scelta di un trattamento farmacologico non adeguato, in quanto i sanitari, riconducendo l’attacco ischemico transitorio sofferto dalla paziente ad una causa atero-trombotica piuttosto che ad una cardio-embolica, hanno prescritto un farmaco anti-aggregante piastrinico piuttosto che un anticoagulante orale. Ne consegue che se fosse stato prescritto il farmaco idoneo sarebbe stato scientificamente improbabile il verificarsi dell’ictus ischemico patito dalla paziente, potendosi, pertanto, ravvisare il nesso di causalità tra il suddetto ictus e la condotta imperita dei medici.

Stante la responsabilità della convenuta e la sussistenza del danno alla salute, il Giudice ha condannato la struttura sanitaria al risarcimento dei pregiudizi arrecati, liquidando il complessivo importo di € 90.233,50.

Tribunale Catanzaro ottobre 2023