Suicidio del paziente e responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria

di Giulio Biancardi -

Una ragazza affetta da disturbi psichici, collocata presso una comunità di cura e ricovero psichiatrico, si toglieva la vita, assumendo una dose mortale di un farmaco ivi presente.

Il padre agiva contro la struttura per il risarcimento del danno conseguente alla violazione dei doveri di cura, vigilanza e controllo, affermandone la responsabilità (i) per l’omessa vigilanza e controllo, giacché la paziente si era potuta procurare il medicinale, nonché (ii) per l’omessa vigilanza nella notte del decesso, in cui la paziente avrebbe manifestato i sintomi dell’overdose, che avrebbe richiesto un immediato intervento, sicché (iii) se la struttura avesse adempiuto ai suoi obblighi, la morte non si sarebbe verificata.

I giudici di merito rigettavano la domanda, osservando che (i) non sussisteva un obbligo di continuo monitoraggio nei giorni antecedenti alla morte della paziente, che non necessitava di un controllo costante, come confermato dalla misura di custodia adottata nei suoi confronti; (ii) i tentativi di suicidio andavano intesi nell’ottica di attirare l’attenzione, e non in vista della autosoppressione; (iii) la comunità di cura si era attivata prontamente, e gli esiti degli esami ospedalieri non erano così gravi da imporre particolari oneri di vigilanza; (iv) neanche nella notte del decesso era ravvisabile un obbligo di monitoraggio continuo, essendo stata la paziente dimessa con diagnosi rassicuranti, né i successivi comportamenti potevano fare supporre lo sviluppo letale; (v) la CTU aveva escluso la possibilità di intervenire evitare l’esito mortale.

Il padre ricorreva per cassazione, affermando (i) la responsabilità della struttura ex art. 1218 c.c., spettando a quest’ultima l’onere della prova di aver posto in essere tutte le misure necessarie per impedire l’evento; (ii) l’esistenza, di un obbligo specifico di garanzia della salute e della vita della paziente, che avrebbe dovuto comportare un controllo e un’attenzione più pregnanti, essendo l’evento letale prevedibile; (iii) l’esistenza, in capo all’infermiere, di un obbligo di controllare lo stato di salute della pa-ziente, aprendo la porta della stanza, per verificare se avesse gravi difficoltà respiratorie.

La S.C. rigetta il primo motivo di ricorso, richiamando l’orientamento secondo cui la responsabilità della struttura sanitaria, nei confronti dei congiunti di un paziente suicidatosi a causa dell’omessa vigilanza della struttura, ha natura extracontrattuale.

Il congiunto agisce iure proprio, rimanendo estraneo al contratto avente ad oggetto le prestazioni di cura, assistenza e controllo. La figura dei “terzi protetti dal contratto” è limitata ai soli casi in cui l’interesse del terzo è intimamente connesso a quello creditori. Solo per le prestazioni relative alla procreazione è configurabile un interesse anche in capo al padre e al nascituro, benché il contratto sia concluso tra la gestante e la struttura. Al di fuori di questo caso, l’esecuzione della prestazione sanitaria non incide direttamente sulla posizione dei terzi, e torna applicabile la regola generale dell’efficacia del contratto limitata alle parti. Ne consegue che spetta al danneggiato l’onere della prova degli elementi costitutivi della responsabilità ex art. 2043 c.c..

In ogni caso, i giudici di merito avevano ritenuto il fatto dannoso insussistente, con una valutazione di fatto insindacabile.

La Corte rigetta pertanto il ricorso.

Cass. civ. 26 marzo 2024