Condanna del medico al risarcimento del danno per condotta imperita e negligente nel corso dell’intervento chirurgico

di Chiara Paris -

Con sentenza n. 4277 del 16 febbraio 2024, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da un chirurgo avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello che, confermando la decisione di primo grado, l’aveva condannato a risarcire i danni patiti da una paziente a seguito di un intervento chirurgico.

Nel caso di specie, la paziente, durante un intervento di cistopessi, riportava una lesione iatrogena dell’uretere di tipo indiretto. Sebbene al riscontro di tale lesione fosse stato disposto il suo immediato trasferimento in altro ospedale specializzato in ambito urologico, i trattamenti chirurgici eseguiti non si rivelavano risolutivi, ma forieri di ulteriori complicanze. In particolare, la paziente riportava significativi postumi, quali ipofunzionalità renale, problemi dell’alvo con stipsi e sindrome ansioso-depressiva.

In primo grado, il Tribunale condannava il medico, in solido con la struttura, a risarcire i danni non patrimoniali patiti dalla paziente e complessivamente liquidati in € 198.935,00. Essendo stata confermata la decisione in secondo grado, il chirurgo propone ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello sulla base di tre motivi.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancata valutazione da parte della Corte d’appello dei rilievi operati dai consulenti tecnici circa la sussistenza di fattori di incremento della difficoltà tecnica nell’esecuzione dell’intervento, nonché delle significative incongruenze e contraddizioni risultanti dalla CTU. Con il secondo viene denunciata l’esclusione della rilevanza causale delle condotte dei sanitari intervenuti successivamente all’intervento chirurgico da lui praticato e con il terzo motivo viene lamentata un’eccessiva quantificazione del risarcimento, in ragione di un erroneo accertamento da parte dei consulenti del grado di inabilità permanente della paziente.

La Suprema Corte, rigettando il ricorso, ravvisa l’inammissibilità di tutti i motivi di impugnazione proposti poiché attinenti all’attività di ricostruzione dei fatti e di valutazione delle prove riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se debitamente motivata.

Inoltre, rispetto al primo motivo, viene negata la presunta violazione dell’art. 2236 c.c. in quanto la Corte chiarisce come, ai fini della limitazione della responsabilità prevista da tale disposizione, non rileva l’astratta conformità della tecnica adottata alle linee guida (Cass. 11/12/2023, n. 34516). A tal proposito, le risultanze peritali hanno riconosciuto non solo una condotta imperita ma anche negligente da parte del medico, stante la rilevata indebita incisione sull’uretere nell’ambito di una tecnica chirurgica che non prevedeva manovre dirette su tale organo.

In relazione al secondo motivo, la Corte sottolinea come i successivi interventi, pur avendo determinato ulteriori complicanze, non hanno reciso il legame causale del primo intervento con i postumi finali e le connesse conseguenze risarcibili per cui non hanno integrato cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento dannoso.

Cass. civ. 16 febbraio 2024 n. 4277 oscurata