Dissenso diagnostico: un caso al vaglio del Tribunale di Rieti

di Maria Grazia Peluso -

Con sentenza del 22.1.2019 il Tribunale di Rieti affronta un caso di c.d. dissenso diagnostico.

Nel caso di specie l’istante, a fronte del rigetto della propria domanda di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento da parte dell’INPS e ritenendo erronea la valutazione operata dalla CTU nell’ambito del ricorso per accertamento tecnico preventivo da questa instaurato, proponeva ricorso in opposizione avanti al Tribunale di Rieti chiedendo – previo rinnovo della perizia tecnica – il riconoscimento del diritto azionato e la condanna dell’INPS al pagamento dei ratei maturati e maturandi.

Si costituiva l’INPS che deducendo l’infondatezza della domanda, ovvero l’insussistenza dei presupposti di legge e dei requisiti sia sanitari che di erogazione della prestazione, ne chiedeva il rigetto.

Il Tribunale, giudicato esaustivo ed esauriente, e pertanto condividendo quanto già accertato dal perito in sede di accertamento tecnico preventivo, reputava infondato il ricorso di parte ritenendo che la ricorrente, lungi dal muovere precise contestazioni in merito a carenze o deficienze diagnostiche, si fosse limitata a ripetere osservazioni critiche già rivolte nei confronti della CTU e afferenti a mere difformità di valutazione delle proprie condizioni sanitarie.

Il Giudice, in accordo a quanto recentemente affermato dal Tribunale di Roma, ha pertanto ritenuto il caso di specie un’ipotesi di c.d. mero dissenso diagnostico, come tale inidoneo a fondare una rinnovazione della perizia tecnica, rivelandosi le censure della ricorrente «semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’incidenza e l’entità del dato patologico ed il valore diverso allo stesso attribuito dalla parte».

Il Tribunale di Rieti mostra così di conformarsi a un recente arresto giurisprudenziale ove la Suprema Corte, con sentenza del 22.12.2017, n. 30874, ha ribadito come nel caso di «censure dirette ad una diversa valutazione, di carattere medico-scientifico, degli elementi già presi in esame dal consulente tecnico d’ufficio», queste, «lungi dal far emergere palesi devianze dalle nozioni correnti della scienza medica, manifestano, invece, un mero “dissenso diagnostico”, inidoneo ad infirmare il percorso logico e l’attendibilità scientifica della c.t.u.».

Il Tribunale, pertanto, rigettava integralmente il ricorso e, ritenendo sussistenti in capo alla ricorrente i requisiti reddituali stabiliti ai sensi degli artt. 76, commi da 1 a 3, e 77 del DPR n. 115/2002, dichiarava irripetibili le spese del procedimento e poneva definitivamente a carico dell’INPS le spese sostenute per la consulenza tecnica.

Trib. Rieti, sez lavoro, 22 gennaio 2019, gu Carrano