Meningite batterica e conseguenze neuropsichiche nel neonato: esclusa la responsabilità del nosocomio

di Francesca Cerea -

Una donna si sottoponeva nel dicembre 2005 ad un trattamento di procreazione medicalmente assistita, che esitava in una gravidanza trigemellare evolutasi in maniera regolare fino al parto cesareo, avvenuto all’ottavo mese. Stante l’assenza di complicanze la madre veniva dimessa pochi giorni dopo il parto, mentre i neonati – in quanto prematuri – venivano dimessi dopo una ventina di giorni di ricovero in terapia intensiva, tutti in buone condizioni di salute. Trascorsi cinque giorni uno dei neonati veniva nuovamente ricoverato nel medesimo reparto con la diagnosi di meningite da GBS e sottoposto a terapia antibiotica per due settimane, all’esito della quale – a fronte di un significativo aumento di peso e dell’assenza di complicanze del sistema nervoso centrale – veniva dimesso. Tuttavia, a distanza di tempo dai fatti descritti, il neonato presentava esiti neuropsichici evidenti e rilevanti, compatibili – secondo i familiari – con quelli attesi nel 25-50% dei casi negli affetti da una meningite neonatale, a loro dire contratta presso il nosocomio. Per tali ragioni la madre e il marito – anche quali rappresentanti legali dei figli minori – agivano in giudizio nei confronti della Struttura sanitaria, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti. La convenuta si costituiva instando per il rigetto della domanda attorea.

Il Tribunale di Napoli inquadra preliminarmente la fattispecie entro il perimetro della responsabilità contrattuale della Struttura sanitaria e del personale ivi operante, in conformità all’orientamento antecedente all’entrata in vigore della Legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco). Ne deriva che spetta al danneggiato fornire la prova del contratto (o del contatto sociale), dell’aggravamento della situazione patologica e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico dell’obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.

Così richiamati i principi che regolano la materia, il Tribunale, aderendo alle valutazioni dei consulenti tecnici, rigetta le domande di parte attrice. In particolare la CTU esclude che la trasmissione del batterio responsabile della meningoencefalite sia potuta avvenire attraverso il latte materno, essendo il neonato stato alimentato artificialmente e considera scarsamente probabile (10-15%) una trasmissione transplacentare. Al tempo stesso la perizia indica come fortemente improbabile che la trasmissione sia avvenuta in ambito nosocomiale e ciò sulla scorta dell’assenza di documentazione che permetta di desumere che in quel reparto vi siano stati altri casi durante la degenza del neonato o che vi siano state deviazioni del personale sanitario dalle norme di condotta che valgono a prevenire la possibile trasmissione nosocomiale della malattia. Secondo i consulenti, infatti, risulta nettamente più probabile (più del 50%) che la trasmissione si avvenuta dopo il rientro del piccolo al domicilio, a causa del contatto con le mani e le secrezioni respiratorie di ignari portatori del batterio.

In assenza di prova circa l’esistenza di un rapporto eziologico tra la condotta dei sanitari e l’evento lesivo e stante la conformità alle “leges artis” dell’operato degli stessi, il Tribunale esclude la responsabilità del nosocomio e compensa le spese di lite.

Trib. Napoli, 27.7.2023 oscurata