Nessun diritto al risarcimento del danno nell’ipotesi di insussistenza del nesso di causa e di omessa domanda di condanna per lesione della perdita di chance

di Marco Chironi -

Con Ordinanza del 31 gennaio 2024 n.2892, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un uomo avverso una sentenza della Corte di Appello, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, aveva escluso la sussistenza del nesso di causa tra l’operato pur negligente dei sanitari della struttura convenuta e i danni riportati dal paziente.

In particolare, il ricorrente a causa di forti dolori e dispnea veniva ricoverato presso una clinica privata, dalla quale, nonostante il suo costante peggioramento, veniva dimesso. Nello stesso giorno era ricoverato presso altra struttura sanitaria ove era sottoposto a vari interventi chirurgici. Il paziente citava in giudizio la clinica privata. Il giudice di prime cure accertava la responsabilità della convenuta e riconosceva un danno biologico pari al 44%. A seguito del gravame proposto dalla clinica, la Corte di Appello escludeva la sussistenza del nesso causale, in quanto la condotta dei medici aveva portato soltanto a una perdita di chance, la cui domanda di risarcimento non era mai stata formulata dal paziente.

La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza impugnata. Nel dettaglio, i giudici di legittimità hanno statuito che il danno da perdita di chance è una voce ontologicamente diversa da quella relativa al risarcimento del danno biologico. Essa consiste nella concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato o un certo bene, sicché è suscettibile di autonoma valutazione. Pertanto, la Corte di Appello, nel ritenere che dalle risultanze probatorie non emergesse che una condotta diligente avrebbe evitato i danni, ha correttamente applicato il principio del “più probabile che non”.

Analogamente i giudici di legittimità hanno ritenuto corretto escludere il diritto al risarcimento del danno morale, in quanto la condotta medica non ha avuto alcuna incidenza sul danno permanente che il ricorrente ha riportato.

Cass. ord. 31 gennaio 2024