Responsabilità dell’azienda sanitaria per l’operato del medico di base e surrogazione della compagnia assicuratrice

di Stefano Corso -

La ASL è responsabile, ai sensi dell’art. 1228 c.c., del fatto colposo del medico di base, convenzionato con il servizio sanitario nazionale, avendo l’obbligo legale di erogare l’assistenza medica generica e la relativa prestazione di cura – nei limiti dei livelli essenziali di assistenza – avvalendosi di personale medico alle proprie dipendenze o in rapporto di convenzionamento.

La compagnia assicuratrice della responsabilità civile del medico che, in virtù di una transazione con il paziente, ha integralmente risarcito il danno, si può surrogare nei diritti del danneggiato verso la struttura sanitaria, ai sensi dell’art. 1201 c.c., trattandosi di pagamento del terzo.

Di questi principi di diritto ha fatto applicazione la Cassazione, con la sentenza 28 maggio 2024, n. 14846.

Un paziente agiva nei confronti del medico di base, chiedendo il risarcimento del danno derivato dalla ritardata diagnosi della grave insufficienza renale di cui era affetto. Il medico convenuto chiamava in garanzia la sua compagnia assicuratrice (Alfa) e l’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Città Metropolitana di Milano, la quale a sua volta chiamava in garanzia la propria compagnia di assicurazioni (Beta). Con atto autonomo, Alfa interveniva in qualità di successore a titolo particolare di parte attrice e del convenuto, allegando la transazione – in forza della quale Alfa aveva corrisposto al paziente la somma di euro 400.000,00, per il danno denunciato e le spese, e questi aveva ceduto al medico convenuto e ad Alfa i diritti nei confronti dell’ATS e dei coobbligati in solido – e chiedendo la condanna dell’ATS a rifonderle la somma di euro 200.000,00. Dichiarata cessata la materia del contendere nei rapporti tra paziente, medico e Alfa, quale terza chiamata dal convenuto, il giudice condannava l’ATS della Città Metropolitana di Milano al pagamento, a titolo di regresso ex art. 1916, comma 1°, c.c., in favore di Alfa, nella sua qualità di interveniente volontaria, della somma di euro 200.000,00, condannando altresì Beta a tenere indenne l’ATS.

La pronuncia veniva impugnata da ATS e da Beta e la Corte d’appello di Milano rigettava l’appello della prima e accoglieva quello della seconda, rigettando la domanda di manleva proposta dall’ATS. Avverso la sentenza della Corte territoriale, ATS ha proposto ricorso per cassazione.

In relazione alla censura di violazione o falsa applicazione dell’art. 1228 c.c., quanto alla responsabilità dell’ATS per il fatto del medico di base, la Cassazione ribadisce la qualifica della fattispecie di responsabilità in termini di responsabilità per fatto degli ausiliari, richiamando quanto espresso da Cass. n. 6243 del 2015. «Il soggetto pubblico, per l’adempimento dell’obbligazione di fornire l’assistenza medico-generica cui per legge è obbligato, si vale dell’opera del terzo, cioè di un esercente la professione sanitaria il quale non è dipendente del soggetto obbligato, ma costituisce personale “convenzionato” (in alternativa a quello “dipendente”, secondo l’indicazione fornita dall’art. 25, comma 3, legge n. 833 del 1978). Trattasi di una fattispecie di responsabilità, identificata in sede interpretativa dalla giurisprudenza, che è stata poi recepita dal legislatore con l’art. 7 legge n. 24 del 2017 […], secondo una linea di continuità fra l’interpretazione giurisprudenziale dell’ordinamento ed il successivo intervento legislativo, quale argomento ex post a sostegno della detta interpretazione (il primo comma del citato articolo 7 stabilisce chiaramente la correlazione fra la collocazione lavorativa dell’esercente ed il titolo di responsabilità: per il dipendente vale l’art. 1218, per il non dipendente l’art. 1228)».

Con riguardo invece alle censure di violazione o falsa applicazione degli artt. 1916, comma 1°, e 1965 c.c., quanto alla pretesa di Alfa, la Corte osserva come il fatto costitutivo del rapporto dedotto in giudizio da quest’ultima con l’atto di intervento sia il diritto che, nell’ambito della transazione, è stato attribuito ad Alfa sia dagli attori, verso l’ATS, che dall’assicurato, sempre verso l’ATS nella qualità di coobligato destinatario dell’azione di regresso.

Non ricorrendo un rapporto obbligatorio fra il paziente e la compagnia assicuratrice del medico, il primo ha ricevuto il pagamento da un terzo. Trattandosi di pagamento ricevuto da un terzo, egli, in qualità di creditore, ha surrogato il soggetto che ha pagato nei diritti nei confronti dell’ATS, ai sensi dell’art. 1201 c.c. Non rileva che la domanda della parte attrice sia stata estesa verso l’ATS poiché in questione è la vicenda di diritto sostanziale che Alfa ha dedotto in giudizio con l’atto di intervento. L’assicurato, invece, ha ceduto all’assicuratore il diritto relativo all’azione di regresso esercitata nei confronti dell’ATS e la cessione ha avuto effetto nei confronti dell’ATS con l’intervento in giudizio; infatti, la notificazione della cessione ex art. 1264 c.c. si può verificare anche con l’evocazione in giudizio del debitore ceduto.

«Si dà inoltre così continuità – aggiunge la Cassazione – al principio di diritto secondo cui, anche quando la domanda risarcitoria si fonda sull’erroneo operato del medico e non sui profili strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera – che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria -, ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare “incidenter tantum” sulla esistenza di una eventuale condotta colposa del sanitario (Cass. n. 26118 del 2021)».

Pertanto il ricorso è rigettato.

Cassazione civile sez. trib., 28.5.2024, n.14846